Come fare il primo passo per tutelare il patrimonio comune di marito e moglie (o di ogni coppia che sta per sposarsi)

Quando la scelta del regime patrimoniale può evitarti brutte sorprese

Qualche tempo fa capitai su una frase – che fatico a ritrovare fra le tante letture – ma che pressappoco diceva questo:

“Pianificare per tempo gli eventi della vita è difficile… e farlo da soli lo è ancora di più”.

Lo strumento che le famiglie hanno a disposizione per costruire il loro benessere e proteggersi dai pericoli è il piano finanziario.

È l’unico mezzo che mette ordine in un sistema dominato dal caos e che molte famiglie non considerano neppure, continuando a concentrarsi sul prodotto migliore sui cui investire i loro risparmi.

Ma la cosa che non capiscono è che il piano finanziario è proprio la scelta migliore che possono fare.

Certo, investire

  • guardando sui giornali le classifiche dei fondi migliori dell’anno è semplice;
  • ascoltando i consigli della banca è rassicurante;
  • giocando con le previsioni su un titolo è divertente.

 

Ma, al giorno d’oggi, agire in questo modo è pericoloso.

Con la complessità dei prodotti, delle normative e delle tassazioni è molto facile commettere errori e spesso – nel caso di una scelta errata – non puoi più rimediare.

Se, come credo, non vuoi e non puoi permetterti di fare troppi errori, devi iniziare a pensare al contrario di come hai fatto finora e devi vedere il tuo piano finanziario come l’unico mezzo che ti porterà all’obiettivo finale: creare intorno a te una condizione di sicurezza e benessere nel presente e nel futuro.

Detto ciò, quando prenderai carta e penna per analizzare la tua situazione familiare dovrai iniziare a farti delle domande.

Se sei sposato (o ti stai preparando al grande passo) questa è la prima domanda importante.

Qual’ è il regime patrimoniale scelto?

Lo so, è una domanda che probabilmente nessuno ti ha mai fatto prima di aprire un conto corrente o sottoscrivere un investimento. Ma è importante e ora ti spiego perché.

Il matrimonio è un vero e proprio contratto che regola, tra l’altro, i rapporti patrimoniali fra i coniugi per cui la scelta del regime da applicare comporta delle conseguenze che è bene conoscere.

Dal 1975 il regime patrimoniale legale della famiglia in Italia è costituito dalla comunione legale dei beni che, in mancanza di una scelta precisa, scatta in automatico.

Quando si parla di comunione dei beni si intende che i coniugi sono proprietari al 50%

  • dei beni acquistati durante il matrimonio e dei risparmi accumulati – anche se l’acquisto è stato fatto da uno solo
  • di tutti i frutti dei propri beni: per intenderci, gli affitti di un immobile e gli interessi sugli investimenti
  • dei profitti del lavoro e delle aziende costituite dopo il matrimonio.

 

A scanso di equivoci mi spiego meglio su cosa vuol dire essere proprietari al 50%.

Se da una parte quello che compri è proprietà di tutti e due nella stessa misura, per tutti gli atti di straordinaria amministrazione è necessario anche il coniuge.

Quindi, non significa che hai metà del bene (supponiamo un immobile) e che di questa metà puoi fare ciò che vuoi, ma piuttosto che per vendere occorre il consenso anche di tua moglie /marito.

È una prima precisazione importante perché gli atti – come la vendita di un immobile – compiuti da un coniuge senza il consenso dell’altro sono annullabili entro un anno dalla trascrizione.

Andiamo avanti.

Devi sapere che NON tutti i beni rientrano nella comunione. Sono esclusi:

  • i beni appartenenti a ciascun coniuge prima del matrimonio;
  • i beni ricevuti da uno dei coniugi in eredità o in donazione anche durante il matrimonio;
  • i beni strettamente personali (destinati a soddisfare esigenze particolari di un coniuge);
  • i beni destinati all’esercizio della professione di un coniuge;
  • il denaro derivante da un risarcimento.

 

La comunione dei beni, se non fatta in modo consapevole, è una di quelle scelte cui si arriva per inerzia.

Scelte comode perché in automatico qualcuno decide per noi. La legge, in questo caso.

Anche se nell’immaginario delle persone la comunione dei beni fa pensare ad un maggior legame della coppia, quest’idea non trova riscontro nelle statistiche Istat.

Dai dati del 2015 risulta che il 30% delle coppie sposate divorzia.

Ecco, qui ci sono le prime conseguenze del regime patrimoniale adottato.

In comunione dei beni, con la sentenza di separazione, tutti i beni diventano di proprietà di entrambi i coniugi.

Sia le attività – e qui ci metterai pure i tuoi investimenti – che le passività.

Il tutto equamente ripartito.

Ora, supponiamo che tu voglia aprire un conto con tua moglie.

Se siete in comunione dei beni e decidete di intestare il conto solo ad uno dei due, in caso di separazione il saldo va comunque diviso in parti uguali.

Se siete in separazione dei beni e il conto è intestato solo a te gli importi non vanno divisi.

Mentre, a prescindere dal regime patrimoniale, i conti cointestati sono considerati al 50% di ciascuno.

La fase più critica è però quella precedente alla sentenza di separazione.

Come tu puoi operare sul conto, lo può fare anche l’altro coniuge creando situazioni confuse – difficilmente sanabili – quando si dovranno dividere i patrimoni.

Il regime di separazione dei beni in questo caso ti può aiutare.

Se è possibile dimostrare – da una parte – che la provenienza del denaro è di un solo coniuge (ad esempio unico reddito di lavoro in famiglia) – e dall’altra – che i prelievi fatti non sono stati spesi per i bisogni della famiglia, gli importi prelevati dovranno essere restituiti.

Fin qui tutto chiaro?
Bene, allora vediamo che cosa succede in caso di successione.

Fermo restando che, la scelta del regime patrimoniale non cambia i diritti in caso di successione riconosciuti al coniuge, può invece influenzare le modalità di calcolo del patrimonio del defunto.

Infatti, i beni del coniuge defunto che erano in comunione si considerano per il 50 % perché il restante 50 % appartiene già al superstite.

Mentre nel caso di scelta del regime in separazione dei beni cade in successione tutto il patrimonio del defunto.

E se ti trovassi nella condizione di contrarre debiti?

In quesiti casi, in linea di massima, il regime di separazione risulta utile perché i creditori possono aggredire solo i beni del debitore e non quelli del coniuge.

In regime di comunione le cose cambiano.

Se i tuoi beni non sono sufficienti a coprire i debiti, i creditori possono rivalersi anche sui beni in comunione ma solo per il 50%.

Ricorda che ogni situazione è unica e deve essere affrontata con avvocati o professionisti specializzati per avere risposte assolutamente certe.

L’improvvisazione costa cara.

Io per ora mi fermo qui.

Tu, prendendo consapevolezza di quanto sia importante individuare prima gli obiettivi, potrai capire come sfruttare normative e strumenti a tuo vantaggio.

La bella notizia è che una volta cambiato il modo di pensare non devi preoccuparti di conoscere i prodotti migliori su cui investire, tanto meno le leggi e le offerte del mese della banca sotto casa.

Ti devi solo occupare di una cosa.
Riconoscere chi è più adatto ad aiutarti.

Ah, se dopo questo articolo ti è venuta un po’ di curiosità, ma non ricordi in che regime sei, vai all’anagrafe e chiedi un estratto per riassunto dell’atto di matrimonio.

Se poi ti accorgi che la comunione non fa per te…beh, prima meglio se ne parli a casa 🙂 .

M.Isetta

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